La I Sezione Penale Corte di Cassazione, con sentenza n. 8824 del 22 febbraio 2017, ha affermato il principio per cui l’imputato, provvedendo alla nomina di un difensore, conferisce a quest’ultimo il mandato di difenderlo in relazione al procedimento principale, nel quale la nomina è intervenuta, nonché a quelli incidentali direttamente derivatine, anche se di competenza di un ufficio giudiziario diverso da quello dove pende il primo, salvo che risulti un’espressa manifestazione di volontà in senso contrario dell’interessato.
Arresti domiciliari: la nozione di “indispensabili esigenze di vita” e rapporti familiari
La Seconda sezione penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 16964 del 22/04/2016, decidendo in materia di autorizzazione ad assentarsi dal luogo degli arresti domiciliari ai sensi dell’art. 284, comma 3, cod. proc. pen., ha affermato che la nozione di “indispensabili esigenze di vita” deve essere intesa non in senso meramente materiale o economico, bensì tenendo conto della necessità di tutelare i diritti inviolabili della persona individuati dall’art. 2 Cost. (fattispecie in cui la S.C. ha annullato l’ordinanza del riesame che aveva rigettato la richiesta di un padre, finalizzata a garantire il rapporto genitoriale, di poter incontrare la figlia minore fuori dal domicilio di restrizione, nei tempi prescritti nel provvedimento di separazione legale).
Ammissibilità dell’atto di appello e requisiti di specificità dei motivi
Con la sentenza n. 8825/2017 del 22 febbraio 2017 le Sezioni Unite Penali della Corte di Cassazione si sono pronunciate sulla seguente questione: “se, e a quali condizioni e limiti, il difetto di specificità dei motivi di appello comporti l’inammissibilità della impugnazione”.
La Corte di Cassazione ha fornito la seguente soluzione: “l’appello (al pari del ricorso per cassazione) è inammissibile per difetto di specificità dei motivi quando non risultano esplicitamente enunciati e argomentati i rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto o di diritto poste a fondamento della sentenza impugnata”.
La sentenza dichiarativa di fallimento, nella bancarotta pre-fallimentare, è condizione obiettiva di punibilità
La Corte di Cassazione muta orientamento: con una decisione sicuramente storica, la Sezione V penale ha affermato che nei reati di bancarotta pre-fallimentare la sentenza dichiarativa di fallimento è condizione obiettiva di punibilità e che, conseguentemente, il momento consumativo − anche ai fini della competenza territoriale e del decorso della prescrizione − rimane fissato nel momento e nel luogo ove tale condizione si verifica (tempo e luogo della dichiarazione di fallimento).