Dalla rubrica “parola all’avvocato” di BergamoSera. La dr.ssa Federica Oldani – membro della Commissione di diritto ambientale di Aiga Bergamo – spiega quali sono le normative a tutela della qualità della vita.
Gentile avvocato, il negozio al pianterreno dello stabile in cui abito mette musica a tutto volume dalle 9:00 sino a chiusura. Anche se vivo in centro città, il rumore è tale da disturbare ogni tipo di attività e si protrae anche nelle “ore di silenzio”, come posso ottenere il risarcimento del danno?
Gentile lettore, in primo luogo è bene che consideri il fatto che la legge vieta le “immissioni di rumore” che superino la cosiddetta “normale tollerabilità”. Tale concetto deriva dal disposto dell’art. 844, I comma del codice civile che recita: “Il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti o simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi”; oltre al rispetto di tale condizione, il II comma della summenzionata norma richiede anche il contemperamento delle esigenze della produzione con quelle della proprietà.
Il legislatore ha volutamente evitato di fornire una definizione più specifica dell’espressione “normale tollerabilità”, onde renderla facilmente adattabile al contesto del caso concreto. Il perseguimento di tale scopo, però, non ha reso altrettanto agevole ottemperare all’onere della prova del superamento del livello di tollerabilità delle emissioni rumorose che, ai sensi del combinato disposto degli articoli 2043 e 2697 del codice civile, spetta a lei in qualità di danneggiato che intende far vale il suo diritto in giudizio.
L’entrata in vigore delle Legge n. 447 del 1995 ed alcuni importanti interventi, anche molto recenti, della Suprema Corte hanno svolto un ruolo essenziale nel chiarire i parametri di valutazione dell’effettività del danno da inquinamento acustico. In particolare, la sentenza della Corte di Cassazione, Sezione II, n. 1025 del 17 gennaio 2018, ha stabilito che la tollerabilità del rumore dipende dall’ambiente in cui esso si propaga, cioè dal livello di “rumore di fondo” determinato dal rumore del traffico e delle attività svolte nel vicinato caratteristici dell’ambiente dal quale proviene la doglianza.
Pertanto, al fine di provare il superamento dei normali livelli di tollerabilità di una determinata immissione, non sarà sufficiente misurarne il valore intrinseco, ma anche quello del rumore di fondo della circondario nel quale è collocato. Tanto più, infatti, quest’ultimo sarà elevato, tanto più saranno flessibili le soglie oltre le quali sarà configurabile un danno e che, in genere, si attestano in 3 dB per le ore notturne e 5dB in quelle diurne.
In altre parole, l’impossibilità di misurare contemporaneamente il rumore ambientale (la cosiddetta “turbativa”) ed il rumore di fondo o un livello elevato di questo secondo valore, riferito ad esempio ad un quartiere centrale ad alta concentrazione di attività commerciali e traffico, comporterà un’alta probabilità di rigetto della sua pretesa.