Febbraio 23

Separazione e divorzio: come risolvere senza vie giudiziarie

Dalla rubrica “parola all’avvocato” di Bergamo Sera.

La negoziazione assistita, introdotta recentemente dal legislatore, è una procedura di risoluzione alternativa delle controversie ed è finalizzata al raggiungimento di un accordo senza ricorrere alle vie giudiziarie e, quindi, senza l’intervento del giudice.

Essa consiste in un accordo mediante il quale le parti, assistite da un avvocato, convengono di cooperare in buona fede e con lealtà per risolvere in via amichevole la controversia insorta fra loro.

Questa procedura, alternativa a quella che potrebbe essere instaurata in Tribunale, è utilizzabile anche dalle coppie che intendono separarsi consensualmente, divorziare congiuntamente o modificare le relative condizioni stabilite dal Tribunale precedentemente.

Adriana Bove

Adriana Bove

Per attivare la procedura è necessario che ciascun coniuge sia assistito da un avvocato. I coniugi, tramite i loro legali, stipulano una convenzione con cui si impegnano a raggiungere un accordo consensuale di separazione, di divorzio o di modifica delle relative condizioni entro un determinato termine concordato appunto fra di loro per l’espletamento della procedura di negoziazione.

Occorre distinguere due ipotesi. Se non vi sono figli minori di diciotto anni, figli maggiorenni non autosufficienti economicamente o maggiorenni incapaci o con handicap grave, l’accordo raggiunto dai coniugi è trasmesso dagli avvocati al procuratore della Repubblica e, se non vengono dallo stesso individuate irregolarità formali, viene comunicato ai legali il nullaosta.

Se invece sono presenti figli minori, figli maggiorenni non autosufficienti economicamente o maggiorenni incapaci o con grave handicap l’accordo viene anche in questo caso trasmesso al procuratore della Repubblica il quale però, oltre al mero controllo sulle eventuali irregolarità formali, deve analizzare attentamente il contenuto dell’accordo al fine di verificare che questo sia conforme avuto riguardo all’interesse dei figli.

Se il procuratore ritiene che l’accordo raggiunto tra i coniugi sia conforme all’interesse dei figli emette il provvedimento di nullaosta. In caso contrario il procuratore trasmette l’accordo entro cinque giorni al presidente del Tribunale il quale fissa un’udienza entro i successivi trenta giorni per la comparizione delle parti.

Con il procedimento di negoziazione le parti ottengono il notevole vantaggio di stipulare un atto che equivale alla omologa di separazione, alla sentenza di divorzio ed a quella di modifica delle relative condizioni in tempi sicuramente più brevi rispetto alle vie giudiziarie e, spesso, in un clima molto più disteso e fuori dalle aule di tribunale.

Febbraio 23

Legge di bilancio: le novità per i condomini

Dalla rubrica “parola all’avvocato” di Bergamo Sera.

La Legge di bilancio 2018 introduce alcune proroghe e novità per i condomini. Vediamole nel dettaglio.

Innanzitutto ecco il “bonus verde”, ovvero la possibilità di detrarre dall’Irpef, a decorrere dal 1° gennaio 2018, il 36 per cento delle spese eseguite in favore del verde urbano. L’incentivo sarà previsto per la piantumazione o la sistemazione di prati in giardini, terrazzi, balconi e cortili, anche condominiali.

Il tetto massimo di spesa consentito in un anno per usufruire del bonus è di cinquemila euro: tutte le spese superiori non godranno di tale agevolazione. Il tetto di cinquemila euro viene calcolato non sull’immobile: questo significa che qualora un soggetto sia proprietario di più immobili, tale detrazione opererà su ciascun immobile. Per i condomini il tetto di cinquemila euro viene calcolato per ciascuna unità abitativa.

Il bonus previsto dalla Legge di bilancio va ad integrare le detrazioni attualmente esistenti del 50 e del 65 per cento, le quali riguardano soltanto gli immobili e non anche il verde urbano. Il bonus copre anche le spese relative alla progettazione ed alla manutenzione connesse all’esecuzione degli interventi.

Roberta Cuttin

Roberta Cuttin

Tra le novità di maggior rilievo introdotte dalla nuova Legge di bilancio vanno poi segnalati gli interventi di riqualificazione energetica combinati con quelli di riduzione del rischio sismico realizzati sulle parti comuni degli edifici condominiali.

Anzitutto la detrazione delle spese relative alla riqualificazione energetica, finora pari al 70 – 75 per cento a seconda dei casi, viene incrementata sino all’80-85 per cento a seconda che gli interventi consentano il passaggio ad una o a due classi di rischio inferiore. Il tetto massimo è stato fissato a 136mila euro, vale a dire la somma dei massimali già operanti (40mila e 96mila).

Il “sisma bonus” copre, invece, tutte le spese sostenute per interventi antisismici in zone sismiche ad alta pericolosità e la detrazione riguarda i costi sostenuti a decorrere dal 1° gennaio 2017 fino al 31 dicembre 2021.

Altra novità di particolare importanza riguarda la riduzione della percentuale di detrazione dal 65% al 50 per cento per le caldaie a condensazione. Nello specifico, resta l’aliquota del 50 per cento, ma qualora la caldaia sia sostituita da sistemi di termoregolazione evoluti l’aliquota viene maggiorata al 65 per cento, detrazione che si applica anche nel caso di installazione di apparecchi ibridi.

Febbraio 23

Accesso alla documentazione bancaria: i diritti dei clienti

Dalla rubrica “parola all’avvocato” di Bergamo Sera.

L’accesso alla documentazione bancaria, nonché i suoi limiti, trovano la loro disciplina nell’art. 119 quarto comma del Testo unico bancario (D.Lgs. 385/1993), il quale prevede il diritto di ottenere dall’istituto di credito “copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni”.

Occorre, quindi, un’istanza non generica, bensì relativa a specifici rapporti (ad esempio gli estratti conto relativi ad un determinato conto corrente e/o conto anticipi, un contratto di fideiussione, un contratto di mutuo, nonché la contabile relativa al suo ammortamento) ed avente ad oggetto documentazione risalente, al massimo, al decennio precedente (ad esempio, qualora la richiesta sia datata 1.1.2018, non sussiste il diritto alla consegna di documentazione antecedente l’1.1.2008).

Hanno diritto alla consegna della sopra descritta documentazione “il cliente, colui che gli succede a qualunque titolo e colui che subentra nell’amministrazione dei suoi beni”. Non solo, dunque, l’originario titolare dello specifico rapporto/operazione, ma anche, ad esempio: i suoi eredi; l’amministratore di sostegno, il curatore o il tutore di una persona fisica; la società che abbia incorporato per fusione l’originaria titolare del rapporto; il cessionario del ramo d’azienda (bene inteso, allorché il ramo in questione sia comprensivo anche dei rapporti bancari originariamente facenti capo al cedente); il curatore fallimentare.

Interessante segnalare come tali limiti soggettivi non possano essere elusi (ad esempio, dal figlio che sia stato escluso per testamento dalla successione del genitore ed intenda valutare se sia stato così leso il proprio diritto alla c.d. legittima) richiedendo la medesima documentazione ai sensi degli artt. 7 e 8 della Legge sulla privacy (D.Lgs. 196/2003), i quali disciplinano, a propria volta, il diritto di ciascun interessato “di ottenere la conferma dell’esistenza o meno di dati personali che lo riguardano … e la loro comunicazione in forma intellegibile”, mediante “richiesta rivolta senza formalità al titolare o al responsabile…alla quale è fornito idoneo riscontro senza ritardo”. Diverse recenti pronunce del garante per la protezione dei dati personali (n. 160 del 18.5.2012; n. 66 del 6.2.2014; n. 261 del 30.4.2015) hanno infatti sottolineato come il successivo art. 10 della citata Legge sulla privacy stabilisca che “il diritto di ottenere la comunicazione in forma intelligibile dei dati non riguarda dati personali relativi a terzi”, i quali, dunque, debbono essere oscurati, rimarcando il Garante come non sia lecito surrettiziamente “trasformare l’istanza di accesso ai dati personali in un’istanza di accesso a documenti”.

Simone Bertone

Simone Bertone

E’ buona norma, seppure non espressamente previsto dalla legge, chiedere i documenti ai sensi dell’art. 119 Testo unico nancario in forma scritta, avendo cura, qualora la domanda venga consegnata a mani, di fare protocollare dall’istituto di credito la richiesta, oppure di trasmetterla a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento, onde così attribuirvi una data certa, da cui calcolare il termine massimo di “novanta giorni” previsto dalla legge perché la banca vi dia riscontro (ed altresì ai fini di quanto si dirà subito di seguito in caso di mancata evasione e/o rigetto della domanda).

Il legislatore prevede, infine, che il diritto in questione venga esercitato dal richiedente “a proprie spese”, le quali possono tuttavia consistere nei soli “costi di produzione” – ovverosia di copia – della documentazione richiesta.

Qualora la domanda in esame resti inevasa oppure sia oggetto di diniego, il diritto d’accesso potrà essere tutelato avanti all’autorità giudiziaria a mezzo decreto ingiuntivo ovvero con procedimento sommario di cognizione ex artt. 702 bis e ss. c.p.c. Ove tuttavia – come la più parte delle volte accade – l’accesso alla documentazione bancaria rivesta carattere meramente strumentale e, cioè, sia finalizzato ad acquisire prove per ottenere una pronuncia relativa ad altri diritti (ad esempio, si chiede copia degli estratti relativi ad un conto corrente al fine di ottenere la condanna alla restituzione di importi che si assume siano stati illegittimamente addebitati su quel conto), esso potrà essere tutelato mediante richiesta al giudice di ordinare ai sensi dell’art. 210 c.p.c. all’istituto di credito la documentazione che si assume non consegnata.

Preme evidenziare come tale richiesta non sia soggetta ai limiti previsti dai citati Testo unico bancario e Legge sulla privacy, purché il soggetto richiedente l’ordine di esibizione previamente ne dimostri l’indispensabilità per la tutela in giudizio delle proprie ragioni, di averne fatto domanda alla banca prima di avviare il contenzioso (escludendo la giurisprudenza pacifica che l’ordine ex art. 210 c.p.c. possa supplire a negligenze di carattere istruttorio della parte su cui incombe il correlato onere) ed altresì che – come stabilito dall’art. 94 delle Disposizioni d’attuazione al codice di procedura civile – siano rispettati gli indispensabili presupposti di “specifica indicazione” della documentazione di cui è richiesta l’esibizione, nonché di prova che la parte, oppure il terzo (qualora si tratti di soggetto estraneo al giudizio), nei cui confronti l’ordine dovrà eventualmente essere dato, effettivamente dispongano della documentazione richiesta.

Febbraio 23

Trattative tra imprese: l’importanza della buona fede

Dalla rubrica “parola all’avvocato” di Bergamo Sera.

Una società mia assistita (che chiameremo “Gamma ltd” – nome di fantasia) ha sede in Nigeria (Africa). Qualche tempo fa il titolare di Gamma ltd contattava una società italiana (“Beta S.r.l.”) per avere informazioni circa l’acquisto di un impianto per la produzione di blocchi di “cemento cellulare” per la costruzione della propria sede sociale.

Dopo i primi contatti, il titolare di Gamma ltd si recava in Italia presso la sede di Beta S.r.l. In tale occasione le parti stipulavano il contratto di acquisto, che comprendeva anche il trasporto in Africa dell’impianto (il quale, ovviamente, è di dimensioni molto ingombranti, in quanto costituito da una macchina impastatrice, da alcuni casseri, nastro trasportatore ecc…).

Il costo totale dell’impianto comprensivo delle spese di trasporto ammontava a circa € 50.000,00 e, subito dopo la firma del contratto, Gamma ltd provvedeva a disporre un bonifico di € 20.000,00 a titolo di acconto. In seguito il titolare di Gamma ltd rientrava in Nigeria.

Carlo Ghidotti

Carlo Ghidotti

Sennonché, dopo qualche giorno lo stesso incontrava per puro caso due imprenditori italiani, i quali, parlando della loro attività, lo informavano di aver acquistato alcuni mesi prima da Beta S.r.l. un impianto praticamente identico a quello ordinato da Gamma ltd, e di avere anche stipulato un contratto di rappresentanza in esclusiva per la Nigeria, con la medesima società italiana.

Il titolare della società mia assistita, alquanto stupito per quanto appreso dai due imprenditori, provvedeva a contestare quanto sopra a Beta S.r.l., spiegando che, ovviamente, se fosse stato informato che in Nigeria era operante un impianto come quello dallo stesso ordinato, Gamma ltd avrebbe potuto limitarsi a comprare il cassero/stampo per blocchi antisismici strutturali, affidandosi alla società italiana operante in Nigeria per la produzione dei blocchi di cemento.

In tal modo Gamma ltd avrebbe risparmiato circa € 40.000,00, ed il suo titolare non avrebbe dovuto recarsi per ben due volte in Italia per discutere i dettagli dell’acquisto dell’impianto.

Sulla base di quanto sopra, ho ricevuto incarico di convenire in giudizio Beta S.r.l. per ottenere la restituzione dell’acconto versato da Gamma ltd. Ed infatti, come noto, l’art.1337 cod. civ. prevede che “le parti, nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, devono comportarsi secondo buona fede”.

In sostanza, negli atti di causa ho dedotto che Beta S.r.l. aveva il preciso obbligo giuridico di informare Gamma ltd del fatto che in Nigeria era operante (in esclusiva) un impianto uguale a quello ordinato dalla società mia assistita, in quanto, in tal modo, quest’ultima avrebbe risparmiato somme rilevanti (anche in termini di spedizione in container, tasse doganali, posizionamento e predisposizione dell’impianto ecc..) rispetto al solo acquisto di casseri/stampi, ed il titolare non avrebbe dovuto recarsi due volte in Italia per condurre le trattative. Ovviamente, nella presente fattispecie, l’obbligo di correttezza è reso ancora più rilevante dal fatto che Gamma ltd ha sede nello stato della Nigeria, lontano migliaia di chilometri dall’Italia.

Beta S.r.l. ha avuto molti mesi per informare Gamma ltd dell’esistenza di tale impianto a pochi chilometri di distanza dalla sede della seconda e, nonostante gli obblighi imposti dalla legge, non ha mai provveduto ad avvertire quest’ultima di tale fondamentale circostanza.

Dopo alcuni anni di causa, il Tribunale ha condannato Beta S.r.l. a restituire l’acconto versato da Gamma Ltd, sulla base della violazione dei più elementari doveri di buona fede che incombono sulle parti in sede di stipulazione di un contratto.

Ricordatevi che quando si stipula un contratto è necessario rispettare fino in fondo, già in sede di trattative, gli obblighi di buona fede e di correttezza.

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